Filippo Andrea VI Doria Pamphilj primo Sindaco di Roma liberata, 1944-2024

Filippo Andrea VI Doria Pamphilj primo Sindaco di Roma liberata, 1944-2024
10 Giugno 2024 Alessandra Mercantini

Ricorrono quest’anno gli 80 anni dalla liberazione di Roma dal nazifascismo. Il 4 giugno del 1944 i primi reparti degli Eserciti Alleati delle Nazioni Unite entravano in Roma.

Pochi giorni dopo, il 10 giugno 1944, con la favorevole mediazione del Comitato di Liberazione Nazionale, il principe Filippo Andrea VI Doria Pamphilj, noto antifascista e benefattore, venne scelto dagli Alleati per guidare la città di Roma.

Il principe Doria Pamphilj formò una giunta in cui trovarono posto tutti i partiti del CLN e i loro uomini migliori e tutti i componenti della Giunta vennero coinvolti in un programma di Concordia apolitica, diretto ad affrontare tutte le emergenze create dalla guerra, al fine di provvedere celermente alla ricostruzione materiale e civile della città.

Il 13 giugno, giorno dell’insediamento, pronunciò il suo primo discorso da sindaco dal balcone michelangiolesco del Campidoglio, rimasto celebre anche per il suo appello conclusivo alla fratellanza: “Da romano ai romani, volemose bene!”

Ecco il discorso allora pronunciato dalla loggia del Palazzo Senatorio accolto da entusiastici applausi dalla folla che attendeva nella piazza sottostante:

Nell’assumere la ripristinata carica di Sindaco di questa nostra Roma e nel rivolgere a Voi, miei concittadini, il mio primo saluto, voglio, innanzi tutto, innalzare la nostra unanime espressione di devota gratitudine alla Divina Provvidenza per i segnalati benefici elargiti, pur in tanto travagliato periodo, a questa Città, principalmente con l’averla preservata, per opera della sua incommensurabile misericordia, dalle conseguenze più micidiali e distruttive della battaglia svoltasi, per lunghissimi mesi, nelle immediate vicinanze e conclusasi alle sue porte. Simultaneamente il nostro grato pensiero si rivolge al Venerato Vescovo, al Sommo Pontefice Pio XII, alle pressanti ed incessanti intercessioni del quale Roma deve, certamente, la propria incolumità e mercé le molteplici iniziative soccorritrici del quale tante sofferenze e tanti dolori sono stati leniti. Ma le nostre espressioni di gratitudine sarebbero vuote di ogni sincerità qualora si esaurissero di per sé e non fossero corroborate da una condotta di vita ispirata agli insegnamenti di Colui il quale con sì generosa insistenza instancabilmente ci addita per il nostro bene temporale e spirituale. Oggi si inizia una prima tappa sulla via della riconquista, per tutti i cittadini, delle proprie e civiche libertà. Le perduranti contingenze belliche non consentono un totale ripristino di esse: ma non è forse male che questo ripristino si compia gradualmente perché sappiamo avvalerci di questo forzoso periodo preparatorio per maturare in noi quello spirito che è necessario a un pieno sviluppo e godimento del vero stato di libertà. E nel tendere a tale stato ricordiamoci che alla parola Libertà, perché questa possa raggiungere la sua piena espressione di efficienza per il bene comune e generale, debbono affiancarsi le parole Dovere e Responsabilità. Ognuno di noi, quindi, nell’ambito delle proprie capacità e del proprio stati, si adoperi a compiere fedelmente il proprio dovere con pieno senso di responsabilità che, in tale compito a ciascuno incombe verso se stesso e verso i propri concittadini: se questo sarà lo spirito che ci assisterà nella nostra diuturna fatica di libertà, troverà un terreno ben preparato per inserirci, nella buona stagione, le proprie radici. Nell’assumere la carica che mi è stata conferita so di dover affrontare problemi di tremenda portata: mi accingerò fidando nell’aiuto della Divina Provvidenza. A voi, miei concittadini, chiedo di collaborare in tale compito, compiendo fedelmente il vostro dovere di cittadini. Dopo questi giorni di comprensibile esultanza ritorniamo tutti al nostro lavoro, osserviamo le leggi, serbiamo, in ogni circostanza, un comportamento di serena dignità. E poi procuriamo di mantenere vivo, nei nostri cuori, uno spirito di carità fraterna gli uni verso gli altri, compatiamo chi soffre, soccorriamo chi è bisognoso, siamo onesti e retti nell’esplicazione delle nostre attività sia pubbliche che private e aiutiamoci a vicenda a sopportare le inevitabili contrarietà del momento. E permettete che questo mio appello per uno spirito di civico e fraterno amore, per un sincero desiderio di reciproca comprensione e concordia di animi al quale, sono certo, ci impegna il ricordo di tanti nostri morti, io lo riassuma in due parole rivolte da romano a romani: Volemose bene!.