Giovanni Andrea I (Genova 1540-1606) era figlio di Giannettino Doria – erede designato di Andrea il grande, che non aveva discendenti diretti – e di Ginetta Centurione. A partire dal 1547, quando Giannettino fu ucciso nel corso della congiura dei Fieschi, il vecchio Andrea si incaricò dell’educazione del fanciullo, destinato alla successione in luogo del padre morto. A otto anni Giovanni Andrea veniva già condotto sulle galee, affinché si abituasse alla vita sul mare e al futuro ruolo di ammiraglio. Per garantire la solidità del patrimonio e del potere della famiglia furono stretti, quando il Doria aveva circa dieci anni, i patti matrimoniali che dovevano legarlo a Zenobia del Carretto, nipote acquisita di Andrea; l’unione, determinata da ragioni dinastiche, fu comunque contraddistinta da sincero affetto, testimoniato dalle volontà testamentarie di Giovanni Andrea, il quale ordinò che lo seppellissero con in mano una ciocca di capelli della moglie, sua “Signora et vera amica” (Borghesi 1996).
Alla morte di Andrea (1560), Giovanni Andrea ereditò il palazzo di Fassolo, i titoli nobiliari e le galee. Per quasi mezzo secolo egli combattè sul mare, al servizio della corona di Spagna, scontrandosi spesso con i pirati barbareschi. A Lepanto (1571) fu a capo dell’ala destra della flotta che, sotto il comando supremo di Don Giovanni d’Austria, inflisse una dura sconfitta ai Turchi (in quell’occasione si attirò pesanti critiche dagli alleati veneziani); nel 1583 Filippo II lo nominò comandante supremo della flotta del Mediterraneo, nel 1594 divenne membro del Consiglio di Stato spagnolo. Egli rivestiva un ruolo importante anche all’interno dello Stato genovese, entro cui costituiva il più importante punto di riferimento per la Spagna. Nel dicembre del 1601 il Senato gli decretò onori particolari, tra cui il conferimento del titolo di “patriae libertatis conservator” e l’erezione di una statua celebrativa.
Il suo patrimonio, molto maggiore di quello ricevuto in eredità da Andrea, era così cospicuo da farlo definire, in quello stesso anno 1601, “ricchissimo sopra ogni eccellenza d’Italia e odiato da tutti fuorchè dal re”; al momento della morte, esso fu valutato 1.620.000 scudi. Notevoli erano le proprietà immobiliari: oltre alla dimora di Fassolo, da lui ampliata e arricchita di nuove decorazioni, appartenevano a Giovanni Andrea la Villa Doria di Pegli, un monumentale palazzo in Strada Nuova (Palazzo Tursi, attuale Municipio di Genova) e due case nella “curia” medievale dei Doria, piazza San Matteo. Vi erano poi numerosi feudi: lo Stato di Melfi, cui era legato il titolo di principe, Loano, i feudi appenninici. Campione, insieme alla moglie Zenobia, della devozione cattolica di stampo controriformistico in linea con i dettami del visitatore apostolico Bossi, il Doria fondò, rinnovò e dotò numerosi edifici religiosi: a lui si debbono l’ampliamento ed il restauro della chiesa di San Benedetto, attigua a Villa del Principe; la fondazione a Genova del monastero dello Spirito Santo, a Loano della chiesa e convento di Sant’Agostino e del complesso del Carmelo, terminato dal figlio Giovanni Andrea II; nonchè la creazione all’interno della dimora di Fassolo di nuemrose cappelle, che segnano l’ingresso della tematica sacra nella decorazione del palazzo.
Giovanni Andrea riuscì a realizzare compiutamente l’ambizioso programma di inserimento della famiglia nella rete della grande nobiltà europea. A Villa del Principe ebbe ospiti il duca di Brunswick (1578), la duchessa di Lorena (1579), Margherita d’Austria (1599) ed altri importanti personaggi. Negli ultimi anni della sua vita scrisse un’autobiografia, rimasta incompleta, importante fonte di notizie sugli eventi genovesi e spagnoli del tempo.