
Riposo durante la Fuga in Egitto
135,5 x 166,5 cm; olio su tela (FC 241)
Il “Riposo” è un capolavoro di straordinaria bellezza e di eccezionale immediatezza comunicativa del giovane Caravaggio, databile al 1597. La composizione è divisa in maniera assolutamente originale dalla figura del bellissimo angelo di spalle dalle grandi ali nere di rondine, che suona il violino. Sulla destra, circondata da una vegetazione rigogliosa, è la Madonna addormentata con il Bambino in braccio. Entrambi sono raffigurati in maniera idealizzata e la bellezza dei loro tratti contrasta con la resa naturalistica del san Giuseppe, che, benché stravolto dalla stanchezza, è rapito dall’apparizione dell’angelo e si presta a reggergli lo spartito. Si tratta del primo quadro conosciuto a tema sacro e di cospicuo formato dipinto dall’artista, da poco arrivato a Roma, e reca ancora evidente una radice lombarda e veneta nelle tonalità luminose e dorate e nel timbro idilliaco della composizione. Per la Madonna sembra che Caravaggio si sia ispirato alla medesima modella che posò, probabilmente poco dopo, per la “Maddalena penitente” (FC 357). Le note sullo spartito seguono un mottetto scritto nel 1519 dal compositore fiammingo Noel Bauldwijn su testo tratto dal Cantico dei Cantici e dedicato alla Vergine. Acquistato, con la “Maddalena penitente” ed altre opere, da Donna Olimpia Maidalchini nel 1650 entrò immediatamente a far parte della raccolta fidecommissaria Pamphilj.
Maddalena penitente
122,5 x 98,5 cm; olio su tela (FC 357)
Ritratta in ambiente disadorno e seduta su una bassa sedia, come schiacciata dall’inquadratura dall’alto, con un unico raggio di luce che taglia trasversalmente la tela, una fanciulla dal pallido incarnato e dai lunghi capelli ramati (la medesima modella della Madonna nel “Riposo durante la fuga in Egitto” FC 241), le mani dolcemente adagiate in grembo e il viso rivolto in basso, piange affranta e un’unica limpida lacrima scivola dall’occhio destro socchiuso. Il dipinto risale alla prima attività romana di Caravaggio (1597) e raffigura la Peccatrice che ha appena rinnegato la passata vita mondana, abbandonando in terra un filo di perle e dei gioielli insieme al vasetto di unguento, suo attributo caratteristico. Si tratta di un’opera cardine nella poetica dell’artista. I toni chiari sono tipici della fase giovanile del pittore, ma la lama di luce obliqua anticipa le drammatizzazioni della fase matura e tenebrosa, che influenzeranno tutta la successiva pittura europea. Come per il “Riposo” e la “Buona Ventura” (donata a Luigi XIV dai Pamphilj e ora al Louvre), la provenienza Vittrice è stata confermata e finalmente stabilita l’acquisizione da parte di Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj nel 1650.