
Ritratto di papa Innocenzo X Pamphilj
141 x 119 cm; olio su tela (FC 289)
È il pezzo più importante della collezione ed in assoluto un capolavoro della ritrattistica del XVII secolo. Raffigura Giovanni Battista Pamphilj, papa dal 1644 al 1655, con realismo e senza nasconderne la bruttezza, “quel suo aspetto satirico, saturnale, ruvido e bruttissimo”, che faceva sospettare ai contemporanei e soprattutto ai nemici del pontefice uno “spirito contumace”. Velázquez, pittore della corte spagnola, l’eseguì probabilmente fra la fine del 1649 e il gennaio del 1650, in un momento di grandi cambiamenti politici internazionali, quando, dopo la pace di Vestfalia (1648), il papato si riavvicinava alla Spagna asburgica, abbandonando la linea filofrancese. Il dipinto piacque a Innocenzo X e ai contemporanei, come provano molte copie antiche del capolavoro, la cui notevolissima potenza espressiva ha colpito artisti di tutti i tempi. Un’antica guida inglese attribuisce all’autorevole parere di Sir Joshua Reynolds il giudizio sul dipinto come “the finest picture in Rome”, mentre lo storico francese Hippolyte Taine lo considerò “il capolavoro tra tutti i ritratti” e disse che “una volta visto, è impossibile dimenticarlo”. Il quadro, ottimamente conservato, ha da sempre riscosso particolare attenzione e a metà dell’Ottocento Filippo Andrea V Doria Pamphilj volle isolarlo dagli altri, facendo realizzare per esso uno speciale Camerino a un’estremità del primo braccio della Galleria dall’architetto Andrea Busiri Vici.